Nel 1480 la flotta turca che faceva rotta su Brindisi, attraversò il canale d’Otranto di notte, e il 28 luglio, a causa di una portentosa tramontana, si ritrovò davanti a Otranto, porto facile da espugnare e più vicino alla costa albanese. Otranto era una città ricca e fiorente ma mal fortificata nei confronti di un attacco portato dalle artiglierie turche.
A difendere Otranto c’erano solo 2.000 uomini, a combattere contro i 18.000 di Ahmet Pascià e il castello dopo due settimane di strenua difesa, fu espugnato. Il grande divario di forze aveva deciso l’esito dell’assedio.
Crudeltà furono commesse dagli assalitori sugli otrantini.
Ai superstiti fu chiesto di rinnegare la fede cristiana.Rifiutarono, e i turchi con una proditoria irruzione nella cattedrale, il 12 agosto 1480, li catturarono.
Il 14 agosto Ahmet fece legare i superstiti e li fece trascinare sul vicino colle della Minerva. Qui ne fece decapitare almeno 800.
La presa di Otranto, incombeva quindi con la sua minaccia costante sulle città costiere, che sarebbero state il primo bersaglio in caso di un attacco turco.
In base a queste considerazioni si avviò un piano di ammodernamento e potenziamento delle fortificazioni sulle coste pugliesi ed in particolare nel Salento.
Nel 1483, ad iniziativa del re Ferdinando I, il castello di Brindisi viene ampliato, il fossato svevo fu coperto da volte che crearono vasti locali interni e sull’intradosso ampi piazzali.
Fu realizzato un antemurale con 4 torrioni rotondi agli angoli per la difesa della cortina tra una torre e l’altra. Fu infine aperto l’ingresso a mezzogiorno e scavato un nuovo fossato.
L’intervento fu progettato da G. Antonio Acquaviva, collaboratore del senese Francesco Di Giorgio.
Racconta G. Carito nella sua “Guida di Brindisi” che “fra il XV e il XVI secolo l’intero perimetro difensivo è aggiornato e ripensato al fine, fra l’altro, di comprendere anche i pianori di levante. Il Torrione dell’Inferno e la cortina che lo collega al Castello Grande furono costruiti nel 1484 su progetto di G. Antonio Acquaviva. La cortina è scarpata (*) e caratterizzata dall’ancora visibile cammino di ronda, originariamente merlato e su sporti a beccatelli(**).
Il Torrione dell’Inferno ad unico ordine di fuochi da piattafoma, ha tamburo cilindrico al di sopra della scarpa e redondone (***) a sottolineatura dell’interpiano non troppo distanziato dell’archeggiatura di coronamento sottoposta al parapetto.”
Il Torrione d’Inferno va in Paradiso
A Dicembre dell’anno scorso abbiamo fotografato il bastione di difesa detto Torrione dell’Inferno, all’angolo tra via C. Colombo e via Prov. San Vito.
Lo storico N. Vacca affermava che forse era così chiamato per le grosse potenti bocche dalle quali usciva un fuoco infernale.
Fatto sta che, subito dopo l’invasione turca di Otranto, ad iniziativa del re Ferdinando I, tra le tante iniziative fu costruito, nel 1484, il Torrione dell’Inferno e la cortina che lo collega al Castello Grande.
Poichè in questi giorni è stata rifatta l’illuminazione, siamo andati a vedere e abbiamo scoperto che è stata ripulita anche l’area antistante il Torrione permettendo di vedere una zona che prima era preclusa da piante e rovi che lo infestavano.
Ecco allora che appare finalmente il torrione e le mura che lo collegano al Castello.
(*) Scarpa: Superficie inclinata di muro atta a proteggere la parte inferiore di cortine e torri dai tiri delle artriglierie
(**) Beccatello: Mensolatura su cui viene a sostenersi il parapetto sul quale era innalzata la merlatura; propria dei castelli di architettura più evoluta
(***) Redondone: Cordolo
Bibl.Carito, Brindisi Nuova Guida p. 15 – Benita Sciarra Bardaro e Carlo Sciarra, Il sistema difensivo a Brindisi p. 18 – Mostra documentaria AdS + 2, Il Castello, la Marina, la città